I primi scontri tra polizia e manifestanti, in Largo Barriera |
Nel 1966 la Commissione Interministeriale per la Programmazione Economica (CIPE) avvia un piano di risanamento della cantieristica italiana, stabilito dalla CEE per ridurre una presunta eccessiva capacità di produzione dei cantieri navali europei (già quella volta, "ce lo chiedeva l'Europa"...)
Nell'ambito di questo piano, l'industria cantieristica triestina subisce colpi durissimi: il Cantiere San Marco viene ridimensionato e destinato non più alla costruzione ma solo alla riparazione di navi.
La contropartita: il potenziamento del cantiere di Monfalcone e la costruzione della GMT - Grandi Motori Trieste (l'attuale Wartsila).
Contropartite esigue ed inadeguate, considerato che il cantiere di Monfalcone era comunque esterno al territorio di Trieste, e che la Grandi Motori era solo la naturale evoluzione di sviluppo della ex Fabbrica Macchine (con l'aggravante che alla Grandi Motori veniva assegnata solo la produzione di motori diesel marini tradizionali, mentre la costruzione di turbine, più specialistica e dal futuro ben più promettente, veniva assegnata ad altri stabilimenti italiani; tanto che "Il Piccolo" all'epoca titolò significativamente: “Cancellati dal mare”
Tale piano fu accolto con uno sciopero generale e con manifestazioni e violentissimi disordini, che rischiarono di sfociare in una vera e propria insurrezione, con scontri concentrati nella zona tra Piazza Goldoni e Largo Barriera, bloccata da una barricata eretta dai manifestanti.
La giornata di scontri si concluse con 450 fermi, 89 arresti, 79 tra feriti e contusi, e numerosissimi danni.
La protesta non riuscì a scongiurare la sorte della cantieristica triestina, e nel periodo successivo iniziò un'ulteriore, imponente ondata emigratoria verso l'Australia.
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